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martedì 17 giugno 2014

TIR

Max si era addormentato.

Anche il suo bestione dormiva, sulla piazzola, allungato come un grosso dinosauro. Non voleva dormire, non era quella l'idea, però non ce la faceva più. Era dalle 5 della mattina che viaggiava: era partito da Düsseldorf e non si era mai fermato, soltanto dieci minuti per un panino. Ma voleva arrivare a casa, ormai mancava poco più di un'ora, poi si sarebbe riposato.

Non si era neanche messo nella cuccetta, non aveva tirato le tendine, niente. E dire che aveva una cabina che sembrava il grand hotel. Il capo gli aveva cambiato la motrice due mesi prima; la sua vecchia l'avevano data a Petru, il rumeno. C'era affezionato, dopo tanti anni, però questa era davvero una bomba, e la cuccetta sembrava un salotto. Lì per lì, a vederla così nuova, gli era parsa, come dire, un po' fredda, ma poi l'aveva personalizzata. I disegni della Stella appesi alle pareti, il calendario delle tettone che gli dava Luciano, il meccanico, il rosario e il San Cristoforo della zia Rosetta. Ma ora non aveva neanche tirato giù il lettino, c'era ancora il tavolino dove aveva mangiato, un po' di briciole, la bottiglia dell'acqua. Si era solo fermato un momento, seduto al posto di guida, aveva chiuso gli occhi. E invece si era addormentato.

Finché non aveva sentito il clackson. Si era svegliato di colpo, quasi fosse stato sorpreso a fare qualche cosa che non doveva. Poi il clackson di nuovo. Guardò dal finestrino. In mezzo alla piazzola c'era una BMW nera, bella lustra. Forse avevano un problema e volevano il suo aiuto. Ma Max non scese dal camion, di questi tempi non si sa mai, BMW o non BMW. Aprì soltanto il finestrino. Dalla macchina scese un signore in giacca e cravatta, sulla cinquantina, non tanto alto, un po' pelato. Max aspettò che fosse lui ad avvicinarsi per dirgli cosa voleva. Il signore venne vicino, salì addirittura sul primo scalino, gli sbirciava dentro la cabina. Aveva una faccia un po' così.

- Senta... ho una proposta da farle – cominciò non tanto sicuro. Aspettava forse che Max dicesse qualcosa, ma lui non aveva proprio niente da dire. Già gli sembrava strano sentirsi dare del lei, non era mica tanto abituato.

- Dovrebbe farsi la signora che sta con me. - sparò il signore. Aveva calcato il tono su quel "farsi", come fosse una parola in una lingua straniera.

Eeeeh? Ussignur, pensò Max rapidamente. Naaa. 'Sti depravati. Gente che ha tutto e si annoia, non sa più cosa inventarsi. Aveva sentito raccontare storie come quella dai suoi colleghi al bar, ma aveva sempre pensato che fossero tutte balle, cazzate che si inventavano per farsi vedere. Invece eccolo là, stavolta toccava a lui. Ma no! Non gli interessava 'sta roba, fra un'ora era a casa, lo aspettava la Cinzia. Va be' che poi magari la Cinzia c'aveva mal di testa o chissà che altra menata. Ma c'era anche la Stella ad aspettarlo, forse faceva in tempo per accompagnarla a danza.

E poi 'sta signora che stava con il tizio... sarà una vecchia, pensò Max. Insomma, sicuramente non doveva avere una faccia tanto entusiasta. Ma il signore ormai era partito in quarta.

- Ci sarebbe una cosa... Dovrebbe dare alla signora 50 euro. - Prima che Max avesse tempo di alzare le sopracciglia, aveva già tirato fuori un portafogli gonfio. - Eccoli qua – disse, allungando il 50 – e questi sono per lei, per il disturbo – aggiunse, mentre gli metteva in mano altri 100.

Max era un po' interdetto. 100 euro non gli facevano mica schifo.

- Ah, aspetti. Lei vuole vedere la signora, mi sembra giusto.

Scese dallo scalino e picchiò sul finestrino della BMW. Dall'altro lato scese la signora. Fece il giro intorno alla macchina e venne a piazzarsi davanti a Max.

Minchia! Altro che vecchia! La signora avrà avuto 35 anni, forse qualcuno di più ma ben portati. Ed era una figa da paura. Roba che manco sul calendario del Luciano. Ma che calendario! Quelle erano tettone, ma questa era roba di gran classe. Quanto era alta? Max se la stava mangiando con gli occhi da sotto in su. Aveva delle scarpe chiare con i tacchi altissimi, dei piedini... uuuhhh... da sognarseli la notte, le caviglie sottili, le calze chiare. Le gambe si vedevano poco, perché la pelliccia le arrivava sotto le ginocchia, ma sicuramente saranno state fantastiche anche quelle. Portava una pellicciona chiara, un po' rossa, con il pelo lungo; forse volpe, boh, ne sapeva un cazzo Max di pellicce. In viso era bellissima, gli occhi grandi, i capelli biondi un po' ricci fatti su.

- Fai vedere la merce al signore – le disse l'uomo, sempre con quel tono come uno che vuole parlare in un modo che non è il suo.

E lì Max temette gli venisse un coccolone. La signora si era aperta la pelliccia e sotto aveva soltanto la biancheria. Porco cazzo! Portava un baby-doll bianco, aperto sul davanti a mostrare degli slip minuscoli, anche questi bianchi. Sotto aveva le autoreggenti chiare. Miii! Non è che Max non avesse mai visto niente, eh. Era un bell'ometto e prima di sposarsi aveva rimorchiato parecchio. Be', veramente anche un po' dopo sposato, ma lasciamo stare. Comunque donne così, diciamolo pure, non ne aveva mai viste. Gli sorrideva facendo la spavalda, ma sembrava un po' in imbarazzo anche lei. Max pensò che tutto sommato se arrivava a casa un'ora dopo non moriva nessuno.

Il signore adesso sogghignava gustandosi l'effetto.

- Allora, che ne dice? Può andare?

Max era senza parole.

- Andiamo nella sua cabina – prese l'iniziativa il depravato.

Max diede una mano alla donna per aiutarla a salire. Il signore la seguiva.

- Vengo a controllare che tutto vada bene – si sentì in dovere di giustificarsi. Si guardava intorno nella cabina. Trovò quello che cercava, e tirò le tendine, prima di sedersi al posto del passeggero. Nella cabina extra-lusso ci si stava anche dritti, e infatti Max e la signora erano in piedi. Max pensò che forse doveva tirare giù la cuccetta, ma il signore lo distolse:

- Ehm... pagamento anticipato – disse atteggiandosi.

Max era così rinco che per un attimo non capì di cosa stesse parlando. Ah già, i 50. Tirò fuori la banconota stropicciata dalla tasca dei jeans e un po' imbarazzato la allungò alla signora. Lei gli agguantò la mano e ne sfilò i 50 facendoli velocemente sparire nella tasca della pelliccia; poi la avvicinò alla sua bella bocca rosa e gli prese due dita in bocca tutte intere, lasciandole scivolare fuori lentamente. Guardava Max con un mezzo sorriso, facendogli la faccia da porca. Santiddìio! Max ce l'aveva già duro, gli bastava anche meno. Prima che avesse il tempo di riaversi, la signora gli aveva messo la lingua in bocca e una mano sul pacco. Porca troia, anvedi la signora, che razza di maialona. La mano di Max, che teneva ancora con la sua, se l'era messa su una tetta. Max sentiva il capezzolo duro attraverso la seta. Odorava di buono, di profumo di marca.

Pensò che forse avrebbe dovuto fare qualcosa, era lui l'uomo dopo tutto. Ma era come paralizzato.

- Mi raccomando, fai in modo che il signore sia soddisfatto – lo risvegliò l'uomo, con voce un po' arrochita.

Ma pensa te, si disse Max, certo che ce n'è dei coglioni a questo mondo.

La signora gli teneva ancora la mano sulla patta, ma ora si era staccata da lui e gli stava aprendo la cintura. Max tirò la pancia in dentro per facilitarla mentre gli apriva i jeans. Glielo tirò fuori inginocchiandosi davanti a lui.

- Wow! - disse la signora con un sorriso da maialina, mentre gli rimirava il pacco.

Embé, modestamente, quanto a pacco il Max non aveva niente da invidiare a nessuno. L'eccitazione gli dava coraggio:

- Ti piace eh? - disse baldanzoso, pensando subito dopo che forse doveva darle del lei.

- Sì, mi piace – disse lei con la voce da porca.

- Le piace, le piace – aggiunse il signore.

Ma stai zitto, cornuto, pensò Max. Ma non aveva da pensare a lui. La signora gli stava leccando il cazzo per lungo e per largo. E poi... oh madonna santa, gli aveva preso in bocca i coglioni, tutti e due e gli girava intorno con la lingua. Roba che Max aveva visto solo nei film porno. Per un attimo pensò di lasciarsi andare e finirla lì, magari schizzandole su quella bella pelliccia. Ma no, meglio di no, magari si incazzavano, doveva fare il suo dovere. No, bisognava pensare a qualcosa, alla rata del mutuo, a sua suocera. Intanto la signora aveva cambiato musica: gli toccava ancora le palle con la mano, ma gli aveva preso il cazzo in bocca e glielo stava lavorando come una che sa il fatto suo.

A un certo punto Max sentì un rumorino come uno strappo di carta. La signora aveva in mano una bustina e ne stava tirando fuori un preservativo. Sì, meglio, si costrinse a pensare Max, con un po' di rammarico. Ossignoreiddìo, e adesso cosa stava facendo? Gli stava mettendo il preservativo con la bocca! Tutte robe di cui Max aveva soltanto sentito parlare. Fai pure con comodo, pensava. La signora faceva un lavoretto ben fatto: non era mica tanto "signora" dopo tutto, una gran zoccola.

Quando ebbe finito si alzò in piedi, sfilò la pelliccia buttandola in braccio al suo amico e si tolse una grossa forcina dai capelli, facendoli scendere sulle spalle. Aveva le guance un po' arrossate e gli occhi che le brillavano per la voglia. Si guardò un attimo intorno e poi si appoggiò con le mani al tavolinetto dove Max aveva mangiato poco prima, le gambe leggermente divaricate, il baby-doll un po' sollevato, un culo da urlo completamente scoperto dal tanga di pizzo bianco. Non aveva intenzione di togliersi niente, spostò le mutandine e, con quella sua voce da porca di lusso, sussurrò:

- Scopami!

- Sì, scopala – biascicò arrapato il cornutazzo, come se ce ne fosse stato bisogno.

Per un attimo Max pensò di piantarglielo in quel bel culetto bianco. Una cosa che proprio gli piaceva, la Cinzia non lo voleva fare, uff. Ma decise di lasciar perdere, magari non voleva neanche la signora. Con quei tacchi era alta come lui, arrivava giusto a scoparla per bene così, in piedi, la cuccetta non serviva.
Max le strinse i fianchi fasciati di seta, quel culo spettacolare davanti agli occhi, e cominciò a fottersela con gusto. Lei apprezzava, a giudicare dai mugolii e dagli urletti. Sì, Max sapeva come si serve una signora come quella.

Sentì il signore che ansimava. Si starà facendo una sega, pensò, mentre si girava a dargli un'occhiata. L'uomo aveva lo sguardo spiritato, ma no, non stava facendo niente. Certo, pensò Max, sarà impotente, per quello gli faceva scopare la sua donna, perché lui non era capace di farlo, frocio pervertito del cazzo. Max si sentiva forte, fiero del suo sesso duro, della sua potenza, della sana vitalità con cui stava facendo godere quella donna bellissima.

- Sììì, dammelo tutto, il tuo cazzo, ancora!

E Max ci dava dentro, come se insieme alla signora avesse dovuto fottersi anche quell'omuncolo ridicolo, la sua BMW lucente, il portafogli gonfio. Pensava a tutti quelli come lui, ai banchieri bastardi che lo strozzavano con il mutuo, ai politici ladri che stavano a Roma, ai padroni che si approfittavano dei poveracci come lui. Il cazzo come una clava contro quei riccastri di merda, con i loro uccelli mosci e le loro zoccole impellicciate.

Sì, sì, urlava la signora, mentre Max la castigava con il suo cazzo di marmo.

Le palpava il bel culo rosa e le metteva le mani dappertutto, le stringeva le tette morbide, la toccava davanti, E soprattutto le ficcava l'uccello dentro, più che poteva, con passione, con rabbia. Voleva sfondarla, voleva prendersela tutta. Come se possedere quella figa profumata di ricchezza fosse il suo riscatto, la sua rivolta, e infine la sua vittoria.

Il Quarto stato marciò orgoglioso attraverso il cazzo di Max per andare a infrangersi contro al lattice del preservativo. Max rimase un istante immobile. Lo sguardo gli si era fissato su un disegno della Stella, appeso davanti a lui: Babbo Natale metteva dei grossi pacchi sotto l'albero. Non si sentiva in colpa, non sentiva niente, aveva la testa vuota. Per un attimo pensò alla sua vecchia motrice, al rumeno, chissà dov'era.

Poi uscì con cautela, tenendo il preservativo con la mano, lo sfilò, gli fece un nodo e lo gettò nel cestino. Doveva ricordarsi di vuotarlo, pensò. La signora si alzò e rapidamente si rimise la pelliccia, dandogli appena una breve occhiata, un sorrisetto di nuovo imbarazzato, come per dire che le era piaciuto. Max provava una brutta sensazione, non sapeva neanche lui cosa. Fanculo, aveva tirato su 100 euro, avrebbe comprato una cosa carina alla Stella per Natale. Si era pure scopato una strafiga, anche se in quel momento non gli sembrava più così importante.

Il signore si alzò in piedi. Con sorpresa, Max li vide scambiarsi uno sguardo carico di affetto, di tenerezza, di complicità. Improvvisamente capì. Ignorandolo, l'uomo scese dal camion, porgendo la mano alla signora per aiutarla a scendere. Gli rivolse un grazie asettico senza guardarlo, fece salire la donna in macchina aprendole la portiera, salì a sua volta e se ne andarono.

Max li guardò andare via e si sentì una merda. Era lui l'omuncolo insignificante, usato e liquidato con 100 euro pidocchiosi. Vincevano sempre loro, anche con il cazzo moscio.

Restò solo dentro la cabina che odorava di sesso e profumo. Seduto al posto di guida, riprendeva sicurezza dai suoi gesti consueti. Sentì il suono di una chiamata sulla radio.

- Sì, qui Max – rispose.

- Max, amico mio – era Petru. - Sono a Bologna, con tuo vecchio catorcio. Ma non è catorcio, è una bomba. Io voglio bene come mia ragazza. Ahaha, tu capisci?

Max capiva.

- Sì Petru. Sto andando a casa. Buon Natale.