Max si era addormentato.
Anche il suo bestione dormiva, sulla piazzola,
allungato come un grosso dinosauro. Non voleva dormire, non era
quella l'idea, però non ce la faceva più. Era dalle 5 della mattina
che viaggiava: era partito da Düsseldorf e non si era mai fermato,
soltanto dieci minuti per un panino. Ma voleva arrivare a casa, ormai
mancava poco più di un'ora, poi si sarebbe riposato.
Non si era neanche messo nella cuccetta, non aveva
tirato le tendine, niente. E dire che aveva una cabina che sembrava
il grand hotel. Il capo gli aveva cambiato la motrice due mesi prima;
la sua vecchia l'avevano data a Petru, il rumeno. C'era affezionato,
dopo tanti anni, però questa era davvero una bomba, e la cuccetta
sembrava un salotto. Lì per lì, a vederla così nuova, gli era
parsa, come dire, un po' fredda, ma poi l'aveva personalizzata. I
disegni della Stella appesi alle pareti, il calendario delle tettone
che gli dava Luciano, il meccanico, il rosario e il San Cristoforo
della zia Rosetta. Ma ora non aveva neanche tirato giù il lettino,
c'era ancora il tavolino dove aveva mangiato, un po' di briciole, la
bottiglia dell'acqua. Si era solo fermato un momento, seduto al posto
di guida, aveva chiuso gli occhi. E invece si era addormentato.
Finché non aveva sentito il clackson. Si era
svegliato di colpo, quasi fosse stato sorpreso a fare qualche cosa
che non doveva. Poi il clackson di nuovo. Guardò dal finestrino. In
mezzo alla piazzola c'era una BMW nera, bella lustra. Forse avevano
un problema e volevano il suo aiuto. Ma Max non scese dal camion, di
questi tempi non si sa mai, BMW o non BMW. Aprì soltanto il
finestrino. Dalla macchina scese un signore in giacca e cravatta,
sulla cinquantina, non tanto alto, un po' pelato. Max aspettò che
fosse lui ad avvicinarsi per dirgli cosa voleva. Il signore venne
vicino, salì addirittura sul primo scalino, gli sbirciava dentro la
cabina. Aveva una faccia un po' così.
- Senta... ho una proposta da farle – cominciò
non tanto sicuro. Aspettava forse che Max dicesse qualcosa, ma lui
non aveva proprio niente da dire. Già gli sembrava strano sentirsi
dare del lei, non era mica tanto abituato.
- Dovrebbe farsi la signora che sta con me. -
sparò il signore. Aveva calcato il tono su quel "farsi",
come fosse una parola in una lingua straniera.
Eeeeh? Ussignur, pensò Max rapidamente. Naaa.
'Sti depravati. Gente che ha tutto e si annoia, non sa più cosa
inventarsi. Aveva sentito raccontare storie come quella dai suoi
colleghi al bar, ma aveva sempre pensato che fossero tutte balle,
cazzate che si inventavano per farsi vedere. Invece eccolo là,
stavolta toccava a lui. Ma no! Non gli interessava 'sta roba, fra
un'ora era a casa, lo aspettava la Cinzia. Va be' che poi magari la
Cinzia c'aveva mal di testa o chissà che altra menata. Ma c'era
anche la Stella ad aspettarlo, forse faceva in tempo per
accompagnarla a danza.
E poi 'sta signora che stava con il tizio... sarà
una vecchia, pensò Max. Insomma, sicuramente non doveva avere una
faccia tanto entusiasta. Ma il signore ormai era partito in quarta.
- Ci sarebbe una cosa... Dovrebbe dare alla
signora 50 euro. - Prima che Max avesse tempo di alzare le
sopracciglia, aveva già tirato fuori un portafogli gonfio. - Eccoli
qua – disse, allungando il 50 – e questi sono per lei, per il
disturbo – aggiunse, mentre gli metteva in mano altri 100.
Max era un po' interdetto. 100 euro non gli
facevano mica schifo.
- Ah, aspetti. Lei vuole vedere la signora, mi
sembra giusto.
Scese dallo scalino e picchiò sul finestrino
della BMW. Dall'altro lato scese la signora. Fece il giro intorno
alla macchina e venne a piazzarsi davanti a Max.
Minchia! Altro che vecchia! La signora avrà avuto
35 anni, forse qualcuno di più ma ben portati. Ed era una figa da
paura. Roba che manco sul calendario del Luciano. Ma che calendario!
Quelle erano tettone, ma questa era roba di gran classe. Quanto era
alta? Max se la stava mangiando con gli occhi da sotto in su. Aveva
delle scarpe chiare con i tacchi altissimi, dei piedini... uuuhhh...
da sognarseli la notte, le caviglie sottili, le calze chiare. Le
gambe si vedevano poco, perché la pelliccia le arrivava sotto le
ginocchia, ma sicuramente saranno state fantastiche anche quelle.
Portava una pellicciona chiara, un po' rossa, con il pelo lungo;
forse volpe, boh, ne sapeva un cazzo Max di pellicce. In viso era
bellissima, gli occhi grandi, i capelli biondi un po' ricci fatti su.
- Fai vedere la merce al signore – le disse
l'uomo, sempre con quel tono come uno che vuole parlare in un modo
che non è il suo.
E lì Max temette gli venisse un coccolone. La
signora si era aperta la pelliccia e sotto aveva soltanto la
biancheria. Porco cazzo! Portava un baby-doll bianco, aperto sul
davanti a mostrare degli slip minuscoli, anche questi bianchi. Sotto
aveva le autoreggenti chiare. Miii! Non è che Max non avesse mai
visto niente, eh. Era un bell'ometto e prima di sposarsi aveva
rimorchiato parecchio. Be', veramente anche un po' dopo sposato, ma
lasciamo stare. Comunque donne così, diciamolo pure, non ne aveva
mai viste. Gli sorrideva facendo la spavalda, ma sembrava un po' in
imbarazzo anche lei. Max pensò che tutto sommato se arrivava a casa
un'ora dopo non moriva nessuno.
Il signore adesso sogghignava gustandosi
l'effetto.
- Allora, che ne dice? Può andare?
Max era senza parole.
- Andiamo nella sua cabina – prese l'iniziativa
il depravato.
Max diede una mano alla donna per aiutarla a
salire. Il signore la seguiva.
- Vengo a controllare che tutto vada bene – si
sentì in dovere di giustificarsi. Si guardava intorno nella cabina.
Trovò quello che cercava, e tirò le tendine, prima di sedersi al
posto del passeggero. Nella cabina extra-lusso ci si stava anche
dritti, e infatti Max e la signora erano in piedi. Max pensò che
forse doveva tirare giù la cuccetta, ma il signore lo distolse:
- Ehm... pagamento anticipato – disse
atteggiandosi.
Max era così rinco che per un attimo non capì di
cosa stesse parlando. Ah già, i 50. Tirò fuori la banconota
stropicciata dalla tasca dei jeans e un po' imbarazzato la allungò
alla signora. Lei gli agguantò la mano e ne sfilò i 50 facendoli
velocemente sparire nella tasca della pelliccia; poi la avvicinò
alla sua bella bocca rosa e gli prese due dita in bocca tutte intere,
lasciandole scivolare fuori lentamente. Guardava Max con un mezzo
sorriso, facendogli la faccia da porca. Santiddìio! Max ce l'aveva
già duro, gli bastava anche meno. Prima che avesse il tempo di
riaversi, la signora gli aveva messo la lingua in bocca e una mano
sul pacco. Porca troia, anvedi la signora, che razza di maialona. La
mano di Max, che teneva ancora con la sua, se l'era messa su una
tetta. Max sentiva il capezzolo duro attraverso la seta. Odorava di
buono, di profumo di marca.
Pensò che forse avrebbe dovuto fare qualcosa, era
lui l'uomo dopo tutto. Ma era come paralizzato.
- Mi raccomando, fai in modo che il signore sia
soddisfatto – lo risvegliò l'uomo, con voce un po' arrochita.
Ma pensa te, si disse Max, certo che ce n'è dei
coglioni a questo mondo.
La signora gli teneva ancora la mano sulla patta,
ma ora si era staccata da lui e gli stava aprendo la cintura. Max
tirò la pancia in dentro per facilitarla mentre gli apriva i jeans.
Glielo tirò fuori inginocchiandosi davanti a lui.
- Wow! - disse la signora con un sorriso da
maialina, mentre gli rimirava il pacco.
Embé, modestamente, quanto a pacco il Max non
aveva niente da invidiare a nessuno. L'eccitazione gli dava coraggio:
- Ti piace eh? - disse baldanzoso, pensando subito
dopo che forse doveva darle del lei.
- Sì, mi piace – disse lei con la voce da
porca.
- Le piace, le piace – aggiunse il signore.
Ma stai zitto, cornuto, pensò Max. Ma non aveva
da pensare a lui. La signora gli stava leccando il cazzo per lungo e
per largo. E poi... oh madonna santa, gli aveva preso in bocca i
coglioni, tutti e due e gli girava intorno con la lingua. Roba che
Max aveva visto solo nei film porno. Per un attimo pensò di
lasciarsi andare e finirla lì, magari schizzandole su quella bella
pelliccia. Ma no, meglio di no, magari si incazzavano, doveva fare il
suo dovere. No, bisognava pensare a qualcosa, alla rata del mutuo, a
sua suocera. Intanto la signora aveva cambiato musica: gli toccava
ancora le palle con la mano, ma gli aveva preso il cazzo in bocca e
glielo stava lavorando come una che sa il fatto suo.
A un certo punto Max sentì un rumorino come uno
strappo di carta. La signora aveva in mano una bustina e ne stava
tirando fuori un preservativo. Sì, meglio, si costrinse a pensare
Max, con un po' di rammarico. Ossignoreiddìo, e adesso cosa stava
facendo? Gli stava mettendo il preservativo con la bocca! Tutte robe
di cui Max aveva soltanto sentito parlare. Fai pure con comodo,
pensava. La signora faceva un lavoretto ben fatto: non era mica tanto
"signora" dopo tutto, una gran zoccola.
Quando ebbe finito si alzò in piedi, sfilò la
pelliccia buttandola in braccio al suo amico e si tolse una grossa
forcina dai capelli, facendoli scendere sulle spalle. Aveva le guance
un po' arrossate e gli occhi che le brillavano per la voglia. Si
guardò un attimo intorno e poi si appoggiò con le mani al
tavolinetto dove Max aveva mangiato poco prima, le gambe leggermente
divaricate, il baby-doll un po' sollevato, un culo da urlo
completamente scoperto dal tanga di pizzo bianco. Non aveva
intenzione di togliersi niente, spostò le mutandine e, con quella
sua voce da porca di lusso, sussurrò:
- Scopami!
- Sì, scopala – biascicò arrapato il
cornutazzo, come se ce ne fosse stato bisogno.
Per un attimo Max pensò di piantarglielo in quel
bel culetto bianco. Una cosa che proprio gli piaceva, la Cinzia non
lo voleva fare, uff. Ma decise di lasciar perdere, magari non voleva
neanche la signora. Con quei tacchi era alta come lui, arrivava
giusto a scoparla per bene così, in piedi, la cuccetta non serviva.
Max le strinse i fianchi fasciati di seta, quel
culo spettacolare davanti agli occhi, e cominciò a fottersela con
gusto. Lei apprezzava, a giudicare dai mugolii e dagli urletti. Sì,
Max sapeva come si serve una signora come quella.
Sentì il signore che ansimava. Si starà facendo
una sega, pensò, mentre si girava a dargli un'occhiata. L'uomo aveva
lo sguardo spiritato, ma no, non stava facendo niente. Certo, pensò
Max, sarà impotente, per quello gli faceva scopare la sua donna,
perché lui non era capace di farlo, frocio pervertito del cazzo. Max
si sentiva forte, fiero del suo sesso duro, della sua potenza, della
sana vitalità con cui stava facendo godere quella donna bellissima.
- Sììì, dammelo tutto, il tuo cazzo, ancora!
E Max ci dava dentro, come se insieme alla signora
avesse dovuto fottersi anche quell'omuncolo ridicolo, la sua BMW
lucente, il portafogli gonfio. Pensava a tutti quelli come lui, ai
banchieri bastardi che lo strozzavano con il mutuo, ai politici ladri
che stavano a Roma, ai padroni che si approfittavano dei poveracci
come lui. Il cazzo come una clava contro quei riccastri di merda, con
i loro uccelli mosci e le loro zoccole impellicciate.
Sì, sì, urlava la signora, mentre Max la
castigava con il suo cazzo di marmo.
Le palpava il bel culo rosa e le metteva le mani
dappertutto, le stringeva le tette morbide, la toccava davanti, E
soprattutto le ficcava l'uccello dentro, più che poteva, con
passione, con rabbia. Voleva sfondarla, voleva prendersela tutta.
Come se possedere quella figa profumata di ricchezza fosse il suo
riscatto, la sua rivolta, e infine la sua vittoria.
Il Quarto stato marciò orgoglioso attraverso il
cazzo di Max per andare a infrangersi contro al lattice del
preservativo. Max rimase un istante immobile. Lo sguardo gli si era
fissato su un disegno della Stella, appeso davanti a lui: Babbo
Natale metteva dei grossi pacchi sotto l'albero. Non si sentiva in
colpa, non sentiva niente, aveva la testa vuota. Per un attimo pensò
alla sua vecchia motrice, al rumeno, chissà dov'era.
Poi uscì con cautela, tenendo il preservativo con
la mano, lo sfilò, gli fece un nodo e lo gettò nel cestino. Doveva
ricordarsi di vuotarlo, pensò. La signora si alzò e rapidamente si
rimise la pelliccia, dandogli appena una breve occhiata, un
sorrisetto di nuovo imbarazzato, come per dire che le era piaciuto.
Max provava una brutta sensazione, non sapeva neanche lui cosa.
Fanculo, aveva tirato su 100 euro, avrebbe comprato una cosa carina
alla Stella per Natale. Si era pure scopato una strafiga, anche se in
quel momento non gli sembrava più così importante.
Il signore si alzò in piedi. Con sorpresa, Max li
vide scambiarsi uno sguardo carico di affetto, di tenerezza, di
complicità. Improvvisamente capì. Ignorandolo, l'uomo scese dal
camion, porgendo la mano alla signora per aiutarla a scendere. Gli
rivolse un grazie asettico senza guardarlo, fece salire la donna in
macchina aprendole la portiera, salì a sua volta e se ne andarono.
Max li guardò andare via e si sentì una merda.
Era lui l'omuncolo insignificante, usato e liquidato con 100 euro
pidocchiosi. Vincevano sempre loro, anche con il cazzo moscio.
Restò solo dentro la cabina che odorava di sesso
e profumo. Seduto al posto di guida, riprendeva sicurezza dai suoi
gesti consueti. Sentì il suono di una chiamata sulla radio.
- Sì, qui Max – rispose.
- Max, amico mio – era Petru. - Sono a Bologna,
con tuo vecchio catorcio. Ma non è catorcio, è una bomba. Io voglio
bene come mia ragazza. Ahaha, tu capisci?
Max capiva.
- Sì Petru. Sto andando a casa. Buon Natale.